I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

Come dietista incontro spesso pazienti affetti da Disturbi del Comportamento alimentare: vere e proprie patologie che portano la persona ad avere un rapporto distorto con cibo, peso e immagine corporea.

Conoscerli è importante non solo per sapere come affrontarli, ma anche per aiutare chiunque si trovi in questa situazione, amici, figli, parenti,…: dal momento che l’atteggiamento alimentare non è che la punta dell’iceberg di un disagio che viene da “altro”, per sostenere i propri cari senza rischiare di alimentare il problema, si deve averne la dovuta consapevolezza e sensibilità.

Oggi ho indagato questi disturbi attraverso un’intervista per voi alla dott.ssa Chiesi, psicologa e psicoterapeuta ad indirizzo cognitivo comportamentale che si occupa di valutazione, sostegno e terapia per bambini, adolescenti e adulti:

Come insorgono i d.c.a?
I disturbi alimentari (DCA), caratterizzati da un’alterazione del comportamento alimentare (anoressia, bulimia, sindromi parziali, obesità) e da una preoccupazione eccessiva per il peso e la forma del corpo, sono in relazione a profondi disagi psichici.
Non esiste un’unica causa che possa determinare un DCA, ma ci sono diversi fattori predisponenti (genetici, psicologici, psichiatrici, relazionali e socio-familiari) precipitanti e di mantenimento.
I DCA insorgono prevalentemente nell’adolescenza, periodo caratterizzato da importanti cambiamenti che riguardano il corpo, la modalità di relazione con i coetanei e la famiglia, la propria autonomia, e possono interferire gravemente con la realizzazione del proprio progetto di vita.
L’età più a rischio è quella dai 15 ai 25 anni, anche se si osserva la comparsa di DCA in fasce di età sempre più precoci, fino a comprendere l’età pediatrica, tanto che si è portati a parlare di “baby anoressia” (13% dei casi), ed abbracciano fasce della popolazione sempre più estese (anche per quanto riguarda la popolazione maschile), con manifestazioni di vario genere (ortoressia, vigoressia).

anoressia immagine distorta

Come riconoscerli?
Il confine tra quella che può essere considerata un’innocua mania e l’inizio di una insorgente malattia non è sempre facile da stabilire. I primi due indizi che possono mettere sulla strada del sospetto sono la drasticità del cambiamento del regime dietetico e la repentinità con cui questo viene messo in atto. Così come possono destare sospetti le ripetute visite alla toilette dopo pranzo. In questo contesto, il nuovo interesse per la cucina può diventare un altro dettaglio. L’anoressica/o si caratterizza inoltre per un’estrema iperattività e un eccessivo esercizio fisico, in particolare nelle prime fasi della malattia. Le cose da osservare sono:
· Che cosa mangia e che cosa non mangia affatto?
· Sembra che abbia cambiato carattere: è più depressa/o, passa dall’euforia alla malinconia più volte nella stessa giornata?
· Il momento del pasto è sempre una lotta?
· Ha trascorso un’intera mattinata a cucinare e sta a guardare mentre gli altri mangiano ma lei/lui non tocca nulla? Si offende se non vengono apprezzate le sue ricette?
· Non vede più amici, non cerca nessuno, rifiuta di uscire se qualcuno la invita?
· Si mostra preoccupata/o della linea e parla continuamente delle proprie forme nonostante sia magra/o?

Come guarire?
I disturbi del comportamento alimentare hanno origine da un disagio di tipo psicologico. Costringere una persona ad alimentarsi forzatamente o a rispettare certe abitudini alimentari senza esplorare le cause che hanno condotto al disagio è inutile e controproducente. Ecco perché è necessario ricorrere all’aiuto di uno specialista. In generale è meglio prediligere approcci integrati, cioè interventi che si prendano cura sia degli aspetti nutrizionali sia di quelli psicologici.

Qual è l’atteggiamento giusto dei familiari od amici per aiutare chi ne è affetto?
E’ necessario stare vicino alla persona che soffre di questi disturbi e sostenerla, evitando di colpevolizzarla per la sofferenza che provoca negli altri e di dirle che è pazza.
Chi manifesta i disturbi del comportamento alimentare sta comunicando a modo suo la propria sofferenza ed è giusto che non sia derisa o svalutata.
Non bisogna cercare colpevoli, soprattutto in sé stessi. Non serve a nessuno e certo non aiuta chi soffre.
Non bisogna concentrare la propria attenzione sul cibo, sul corpo o sul peso.
E’ importante non negare il problema del proprio caro ed aiutarlo a capire che deve chiedere aiuto ed accettare che anche tutto l’affetto possibile non può sostituire l’aiuto di uno specialista.

anoressia disturbi del comportamento alimentare

Ci sono comportamenti corretti che i genitori possono adottare per prevenire tali patologie?
I DCA sono patologie complesse e multifattoriali e per questo motivo la prevenzione da parte dei genitori deve partire fin dalle prime fasi di sviluppo cercando di stimolare conoscenze, attitudini e comportamenti che promuovano l’accettazione di Sé e il benessere psico-fisico. Importante è favorire l’autonomia della figlia/o, lasciando a lei/lui la rotta della propria vita (lavoro, fidanzati, tempo libero) e non entrando nelle questioni personali fornendo consigli e suggerimenti. Importante è rispettare i confini generazionali, non trattando la figlia/o come un’amica/o.

Di fronte ai primi segnali è bene rivolgersi ad uno specialista, per una valutazione della situazione.
E davanti ad un bambino che non mangia, quali gli atteggiamenti corretti e quelli da evitare?
A tavola è importante che la conversazione non si riduca a parlare di cibo. Per lei/lui, è come essere considerata/o un corpo che deve essere riempito; è come dire che tutto ciò che volete da lei/lui è che mangi (ma se mangia, pensa, nessuno si interesserà più a lei/lui); significa dare al cibo la stessa importanza che lei/lui gli dà.
Piuttosto, cercate di trovare argomenti diversi per instaurate un dialogo e distoglierla/o (e distogliervi) dal problema alimentare.
Che mangi o meno, fate in modo che resti a tavola fino a quando tutti hanno finito di pranzare. Mettetela sul piano della compagnia e accettate la sua scelta di non toccare cibo. Il pranzo e la cena sono i momenti più drammatici, in cui l’ansia sale a livelli insostenibili: discutere animatamente o amorevolmente con lei/lui o con gli altri sul suo problema-cibo proprio a tavola, nel luogo e nel tempo più ansiogeni in assoluto, è come spingerla/o in fondo all’abisso.

bambini anoressia che non mangiano inappetenti

Quali le frasi tabù e quelle invece positive?
Esistono una serie di consigli utili per chi vive vicino a qualcuno che soffre di DCA.
Fornire un sostegno costante ma discreto: l’approccio ideale è chi comunica “rispetto il tuo problema, ma sai che in qualsiasi momento io ci sono”, “Non sei sola. Se hai voglia di parlarne, io sono qui per te”.
“Lo so che l’anoressia/la bulimia è una malattia. Non sei matta”.
“So che non posso capire quello che stai passando, ma cercherò di fare del mio meglio per riuscire a comprendere”.

Relativamente al cibo ci sono alcuni accorgimenti da tenere:
· Parlare il meno possibile del cibo, ed evitare di controllare o condizionare quello che mangia proprio figlio. Rinunciare a strategie o furbizie, quali ad esempio comprare il cibo preferito, nel caso di condotte anoressiche, oppure nasconderlo, nel caso di comportamenti bulimici.
· Non trasformare i pasti in campi di battaglia. Evitare commenti, consigli, minacce o ironia relativi alla quantità di cibo assunto, ed ai rituali ad esso associati.
“Smettila di fare i capricci, cosa ti costa mangiare un po’ di più?”
“Prova a non vomitare”/”Prova a mangiare normalmente”
· Fare in modo che la dieta venga decisa da un esperto, in modo da delegare a quest’ultimo tutti i controlli relativi ad esso.
· Non controllare il peso né cosa mangia e neppure se si abbuffa.

Relativamente alla Comunicazione:
· Evitare qualsiasi commento sull’aspetto fisico: sia in senso negativo (“sei troppo magra/grassa”, “guardati allo specchio”), che in positivo (“stai meglio”, “stai ingrassando/dimagrendo”), a meno che non sia la persona stessa a chiederlo.
· Limitare al massimo consigli e e suggerimenti. Non anticipare i bisogni (meglio domandare).
· Non offendere o attaccare, non dire che è bugiarda/o (fa parte della malattia) e non creare sensi di colpa (“mi ucciderai se…”).
· Non fingere mai. Evitare sia l’eccessivo ottimismo che il catastrofismo, sopratutto se fa parte di una strategia e non rispecchia gli autentici stati d’animo.
· Cercare degli spazi per sè stessi: dedicare tempo ai propri hobbies, interessi. Non concentrare tutta l’attenzione sul disturbo dei figli.

Immagini: stateofmind.it – 24wro.eu – xdovlandx.blogg.no – e-quilibrium.ru

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